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Con l’acronimo DSA – Disturbo specifico dell’Apprendimento viene definito un disturbo derivante da un deficit neurologico che causa difficoltà nell’esecuzione dei compiti di lettura e scrittura.

Con l’acronimo BES – Bisogni Educativi Speciali vengono raggruppati ulteriori deficit neurologici o semplici difficoltà nell’apprendimento scolastico non supportati da una specifica diagnosi medica o psicologica ma che comportano comunque delle difficoltà nel rendimento scolastico.

Tra i BES rientra anche il deficit ADHD – Deficit dell’Attenzione e dell’Iperattività, anche per questo disturbo lascio il link ad alcuni articoli che definiscono di cosa si tratta.

Le definizioni e le distinzioni sono state introdotte con la Direttiva Ministeriale del 27/12/12 ed indicano spesso con l’acronimo BES solo quegli alunni che, pur manifestando un Bisogno Educativo Speciale (BES), non rientrano nelle misure previste dalla L. 104/92 sulla disabilità e dalla L. 170/10 sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA).

In realtà, però, anche gli alunni con certificazione o con diagnosi di DSA manifestano un Bisogno educativo Speciale, riconosciuto, però, in questo caso, anche da una legge dello stato.

Gli alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione, per ragioni molteplici ed eterogenee, sono in costante aumento e con sempre maggiore difficoltà da parte della Scuola a gestire situazioni del genere, per mancanza di fondi, per mancanza di strutture e materiale adeguato e per la mancata formazione di insegnanti qualificati a trattare i casi con deficit diagnosticati e non.

La Direttiva Ministeriale individua quest’area, per non dire lacuna, indicandola come svantaggio scolastico; essa ricomprende problematiche e patologie diverse e viene definita come area dei Bisogni Educativi Speciali (BES).

Vi sono comprese tre grandi sotto-categorie:

- la disabilità;

- i disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici

- svantaggio socio-economico, linguistico o culturale.

Nella prima sottocategoria rientrano gli alunni con disabilità certificata ai sensi della L. 104/92, soltanto nei casi in cui è stata emessa la certificazione medica di diagnosi del disturbo ed eventuale terapia trattamentale è prevista la presenza del docente di sostegno, per un numero di ore commisurato al bisogno.

Il tutto ovviamente dipende dal tipo di disabilità sia fisiche che psichiche che sono infinite e con troppe varianti per stabilire dei criteri standard.

Le uniche indicazioni mediche sono la diagnosi certificata della patologia o disabilità e l’eventuale prescrizione di sostegno decisa dal medico curante.

Dalla verifica neuropsichiatrica possono scaturire degli approfondimenti. In base ad essi, se del caso, l’Asl di residenza certifica una disabilità, a norma della legge 517 del 1977 e della legge 104 del 1992. Questa certificazione di disabilità ha valore per un tempo limitato

La certificazione non viene data a seguito dell’individuazione, da parte dei neuropsichiatri di una specifica sindrome, dal ritardo mentale medio o grave, alla sindrome di Down, all’autismo. Altro sono le disabilità sensoriali (ipovedenti e non vedenti, non udenti), altro ancora le disabilità motoria.

Il neuropsichiatra può riconoscere una condizione più grave, prevista dal comma 3 dell’art. 3 della legge 104 del 1992. Ai fini del sostegno scolastico il “comma 3” da’ la possibilità di avere un intero insegnante di sostegno (“uno a uno”), ma solo dopo la ratifica da parte dell’Unità Valutativa Multi Dimensionale.

Nel primo caso (“art. 3 comma 1” della legge 104; dalla legge: “É persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che é causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”) la scuola, avvertita dalla famiglia, assegnerà un quarto dell’orario di un insegnante di sostegno. Cioè 6 ore alla scuola d’infanzia, cinque e mezzo alla primaria, 4 e mezzo alla secondaria. L’insegnante di sostegno ha, di norma, sostenuto un corso di specializzazione: nei fatti accade che si nominano anche supplenti non specializzati, e che non garantiscono continuità per gli anni successivi al primo (e non certo per colpa loro).

Nel secondo caso si parla di “art. 3 comma 3”, attinente l’autonomia personale (dalla legge: “Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità”). In questo caso l’alunno ha diritto ad un rapporto 1 a 1, cioè all’orario completo di un docente di sostegno: 25 ore all’infanzia, 22 alla primaria, 18 alla secondaria. 

La seconda sottocategoria riguarda i disturbi evolutivi specifici, la Direttiva chiarisce che in essa rientrano non solo i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), diagnosticati ai sensi della L. 170/10, ma anche i deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, dell’attenzione e dell’iperattività (ADHD).

Solo per gli alunni con DSA è obbligatorio il ricorso ad un Piano Didattico Personalizzato (PDP) predisposto dalla scuola coordinandosi con il medico curante o l’equipe medica che segue il ragazzo, tenendo conto anche delle esigenze famigliari ed ambientali, l’utilizzo di strumenti compensativi e di misure dispensative che possano garantire il successo scolastico degli allievi.

Per i bambini e i ragazzi affetti da questi disturbi non sono quindi previsti interventi di sostegno, ma soltanto l’utilizzo di compresenza che la scuola dovesse avere e la disponibilità degli strumenti sopra indicati 

La terza sottocategoria, infine, riguarda gli altri BES, cioè quegli alunni con svantaggio socioeconomico, linguistico o culturale.

In questo caso, pur non essendo in presenza di una problematica fisica o psichica, certificata o diagnosticata ai sensi di una norma primaria e specifica di riferimento, si rileva un bisogno educativo speciale, generalmente limitato nel tempo, dovuto a situazioni molteplici e contingenti, che sono causa di svantaggio e, pertanto, richiedono per un certo periodo una particolare attenzione educativa.

Si tratta ad esempio degli alunni di recente immigrazione, che non hanno ancora appreso la lingua italiana, oppure di allievi che si trovano in una situazione sociale, economica o culturale difficile, che comporta disagi molteplici nel regolare percorso scolastico.

Anche in questo caso, come previsto dalla nota ministeriale n. 2563/13 si può ricorrere, ma non è obbligatorio né prescritto, quindi lasciato alla disponibilità della scuola ed alla sua capacità e possibilità di procedere alla compilazione di un Piano Didattico Personalizzato ed a misure compensative e dispensative, qualora il consiglio di classe lo ritenga necessario per un certo periodo di tempo.

In questo caso non è un obbligo ma una decisione collegiale dei docenti, gravissimo errore perché si creano delle disuguaglianze di trattamento da Istituto ad Istituto.

 

MODULISTICA in allegato.

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